Ottenuta una calorosa approvazione dal nostro Paruccho, raccolgo il suo incitamento a proseguire sulla stessa strada.
Mi concentro… torno con la mente indietro nel tempo di qualche migliaio di anni… Di cosa potrei parlare? Quale argomento, approfondito negli ultimi anni, ha acceso in me una lampadina? Cerco qualcosa che mi ha sorpreso e aperto a nuove congetture.
Il fatto di non essere né uno studioso né uno storico lo considero un punto di forza per la mia fantasia, purché esercitata con umiltà, ovviamente.
Ecco che alla mia mente affiorano vari argomenti, ne unisco due insieme e giù a scrivere questo paragrafetto.
Si tratta del rapporto degli Etruschi col mare, cioè esattamente uno di quegli argomenti che meriterebbero un bel trattato voluminoso scritto da un addetto ai lavori!
L’ispirazione è nata attraverso la lettura del libro di Giulia Pettena, un’etruscologa fiorentina, che ha raccolto le conoscenze approfondite durante i suoi studi universitari in un’opera formidabile: Gli Etruschi e il Mare.
Prima della lettura di questo libro, pensavo agli Etruschi come a una civiltà prevalentemente terricola, che non aveva disdegnato la navigazione, ma soltanto per raggiungere le poche colonie oltremare: l’arcipelago toscano e una base in Corsica, ad Alalia, la moderna Aléria.
L’idea non è sbagliata in sé, perchéé, in effetti, la popolazione che va sotto il nome di “Etruschi” raccoglie l’eredità di decine di popolazioni legate alla terra, realtà pastorali e rurali italiche che si trovarono inglobate nel mondo etrusco, un melting pot di influenze di ogni genere. Basti pensare che, a far compiere loro uno straordinario salto evolutivo, fu probabilmente il contatto con le culture pre-celtiche dell’Europa centrale: grazie a queste relazioni, svilupparono la lavorazione del ferro e riorganizzarono la società in diversi aspetti.
Poi c’è da dire che, quando si vuol fare una gita in Etruria, si finisce necessariamente per visitare qualche necropoli nell’entroterra.
Nel libro della Pettena, un aspetto poco noto che emerge riguarda il fatto che gli Etruschi prediligevano fondare le loro città lungo i litorali toscani, scegliendo spesso di collocare i porti alla foce dei fiumi o, talvolta, persino lungo i tratti più alti del corso d’acqua. Un esempio su tutti è Vulci, ma potremmo aggiungere anche Veio, Tarquinia, Fiesole, Volterra, Pisa e perfino Empoli.
L’evoluzione geomorfologica dei fiumi e l’avanzamento della linea di costa hanno cancellato quasi del tutto questo mondo, inducendoci a credere che le vie d’acqua non fossero così centrali per gli Etruschi.
E invece no!
Se mai abbiamo considerato gli Etruschi una società agricola, pastorale e tutto sommato sedentaria, oggi scopriamo che sull’altro piatto della bilancia possiamo mettere un popolo di marinai, talassocratico e assai più dinamico di quanto si pensasse.
Trascurando il fatto che Erodoto considerava gli Etruschi discendenti di popolazioni nomadi del mare (come i Lici e i Lidi, che avrebbero colonizzato l’odierna Toscana), a influenzare il loro modo di vivere furono anche i Greci e, soprattutto, i Fenici.
In un periodo che gli storici chiamano “talassocrazia etrusca” (VI-V secolo a.C.), i Fenici furono i loro alleati e i principali interlocutori commerciali.
Gli eterni rivali furono, invece, i Greci, che faticarono a spingersi oltre le loro colonie di Sicilia e Magna Grecia. L’avamposto greco in Corsica fu abbandonato dopo la celebre battaglia di Alalia del 540 a.C., che consegnò l’isola agli Etruschi.
I Fenici preferirono la Sardegna e si accordarono con gli Etruschi, lasciando loro la Corsica. Tuttavia, da abili commercianti quali erano, continuarono a intrattenere ottimi rapporti con gli evolutissimi Etruschi: commercianti, pirati, ma anche raffinati artisti e innovatori tecnologici.
Qualche rivalsa sui mari riuscirono a ottenerla i Greci di Siracusa, ma a determinare il declino di una civiltà così straordinaria fu l’inarrestabile ascesa di Roma.
L’organizzazione sociale etrusca non riuscì a opporre resistenza alla Wehrmacht romana sul campo di battaglia. Sul mare, però, sarebbe stata tutta un’altra storia!
E qui viene il bello.
Quando leggo che i Romani, da perfetti inesperti del mare, riuscirono in quattro e quattr’otto a mettere in piedi una flotta e a spazzare via i migliori marinai della storia – i Fenici di Cartagine – nella Prima Guerra Punica, beh… non ci casco! Questa proprio non me la bevo!
Mi hanno sempre raccontato così la storia, ma se i Romani nascono dalla fusione principalmente di Sabini, Latini ed Etruschi, allora io, a combattere i Cartaginesi a Capo Ecnomo (in provincia di Agrigento), ci vedo Lucio Manlio Vulsone Longo, un ammiraglio chiaramente di origine etrusca.
E vedo etruschi tutti quei maestri d’ascia che costruirono la flotta. E vedo etrusca la scelta di usare il “corvo” per gli arrembaggi – perché sapevano bene che, altrimenti, contro i Cartaginesi non ci sarebbe stata speranza.
Insomma, volevo solo dire che gli Etruschi furono un popolo marittimo e che, con ogni probabilità, hanno avuto un ruolo cruciale nel successo navale di Roma nelle Guerre Puniche.
Ora, però, mi accorgo di aver scritto già troppo, quindi evito di tediarvi con la lunga lista di ritrovamenti archeologici che, dagli anni Sessanta in poi, hanno riscritto la storia marittima di questo popolo, né vi infliggerò tutte le citazioni degli autori greci e latini che li descrivevano come gli incontrastati pirati dei mari del loro tempo.
Dunque, piuttosto che dilungarmi oltre, passo la palla a chi vorrà approfondire.
Un’ultimissima cosa, però, vorrei ricordarla a noi che ancora oggi navighiamo nel “mare dei Tirreni” (così i Greci chiamavano gli Etruschi): anche il Mar Adriatico prende il nome da loro, dalla città portuale etrusca di Adria, oggi in pieno Polesine.
Marco Filoso