Storia antica della navigazione

Eccoci al dunque, l’incommensurabile Parusso, per gli amici Paruccho, mi chiede di scrivere un articoletto per il nostro blog e sa bene di tentarmi suggerendomi di assecondare le mie passioni relative alla storia antica della navigazione.

La mia gioventù trascorsa nella Magna Grecia è stata ricca di suggestioni legate al mondo classico, un punto di partenza per divagare sui misteri del nostro passato, un po’ prima e un po’ dopo del periodo classico e anche un po’ più in la del mare nostrum.

Uhm… Di cosa scrivo? Devo scegliere un argomento… penso che risulterebbe noioso se riferissi di qualche evento storico che troveremmo riportato meglio su wikipedia o che magari, chiedendo gentilmente a chatGPT, ci verrebbe raccontato con un lessico brillante e preciso.

Allora, seguendo le mie inclinazioni, ancor più che dar conto di un avvenimento, esprimerò le emozioni che mi ha suscitato una foto, questa qui sopra.

Ecco, quando l’ho vista la prima volta, mi sono immaginato me stesso a Posillipo, vicino al mare, davanti ad una porta serrata da tempo immemore, la porta di uno di quei magazzini abbandonati dai pescatori, ricavati scavando un ambiente sulla costa tufacea. Forzata la porta, difronte a me, lo spettacolo di un ammasso di cime abbandonate, poi, viste le condizioni del posto, potrei supporre che chissà, una sorta di inondazione abbia invaso il posto di fango che poi col tempo, asciugandosi, ne abbia restituito l’immagine che vediamo.

Quanto detto però differisce relativamente poco dalla realtà se non fosse che, per conoscerla, dobbiamo spostare le lancette del tempo a nientepopodimeno che 4000 anni fa!

Ci troviamo circa al centro della costa egiziana sul Mar Rosso e il sito si chiama Wadi Gawasis e questa foto ci mostra cosa si è trovato di fronte l’archeologo egiziano Abdel Monem Sayed quando conduceva gli scavi nel 1976.

Ci troviamo nei pressi di quella che al tempo era la foce di un fiume, il Wadi Gawasis appunto, e proprio qui, i faraoni egizi, dell’Antico Regno e più compiutamente quelli successivi del Medio Regno, avevano installato uno dei loro porti commerciali.

L’intento era stato di attrezzare un porto per poter intrattenere rapporti e scambi commerciali con i paesi del corno d’Africa e perché no con quelli che si affacciano sul golfo arabico e oltre. Una traccia sicura quella rinvenuta su alcune casse da trasporto dove compare la romantica scritta “prodotti meravigliosi di Punt”, …sapessimo dov’è non sarebbe male.

I siti candidati più probabili per essere la Terra di Punt sono proprio le zone del corno d’Africa e dello Yemen, sembra che al tempo ospitassero popolazioni e personaggi più rispettabili di quelli attuali (in particolare rispetto allo Yemen attuale!), la memoria viaggia dalla regina di Saba e suo figlio il saggio Re Salomone, fino ad illustri famiglie come quella di Cefeo, di cui ricordiamo la moglie Cassiopea e la figlia Andromeda (oggi tutti nomi di costellazioni!). Insomma, l’Egitto non poteva fare a meno di intessere rapporti commerciali con quei regni che pare esportassero anche beni di lusso come la misteriosa mirra che poi altro non è che una resina profumata che gli egizi utilizzavano, oltre che come cosmetico e nelle imbalsamazioni, un po’ come una mia amica new-age utilizza l’arnica, per tutto!

Una chicca… già che pochi giorni fa ho lasciato che i Re Magi raggiungessero la capanna… lo sapevate che Baldassarre, quello nero che porta la mirra, era un re etiope? Vabbè, accolgo comunque l’obiezione che se con la regina di Saba eravamo immersi nel mito e nella legenda, con i Re Magi precipitiamo nella fantasia farneticante del nostro medioevo!

Di certo però anche 4000 anni fa, era cosa scontata attrezzare porti, magazzini e navi per commerciare con posti lontani.

Non ho mai reputato gli egizi dei grandi navigatori, fosse che sul Nilo è fin troppo facile. Spesso poi, gli stessi egizi, prendevano a noleggio marinai, navi e conoscenze dai fenici e solo grazie a loro si dice, tenessero vive le rotte commerciali marittime.

Però, questo sito archeologico di Wadi Gawasis, i cui scavi continuano tutt’ora, apre uno squarcio sulle capacità navali degli antichi egizi e dobbiamo rivedere le nostre conoscenze.

Per la cronaca, il complesso archeologico comprende ben otto grotte artificiali lungo il margine della terrazza corallina, utilizzate come magazzini per svariate attrezzature come cime, ancore, componenti di legno per le navi e attrezzi da lavoro. Sono state trovate aree funzionali per il rimessaggio, aree amministrative e locali per ospitare lavoratori e marinai.

Nulla purtroppo rimane dell’antico porto, in considerazione dell’avanzamento del deserto, della formazione della barriera corallina e dell’estinzione dell’estuario del fiume, elementi questi che hanno cambiato i connotati della zona.

In ultimo, relativamente alle cime della foto, che come si vede sembra che siano state addugliate un po’ come facciamo anche noi oggi, sono realizzate con fibre di palma e giunco intrecciato e, a detta degli studiosi, risultano molto resistenti. Sono lunghe 20-30 metri ciascuna e ce ne sono di due formati, da 3 e da 4 cm di diametro. 

La loro conservazione è dovuta alle condizioni climatiche aride del sito, che hanno permesso a questi materiali organici di rimanere integri per millenni.

Quello che salta più agli occhi (oltre a come sono state addugliate) è lo straordinario lavoro di trecciatura delle corde,  soluzione questa ancora attuale per i nostri cavi ritorti come le nostre cime d’ormeggio.

Ci sarebbe ancora tanto da aggiungere ma adesso, se la foto vi ha intrigato, vi suggerisco di digitare su internet il nome del sito archeologico per vedere tante altre immagini del sito e sono sicuro, che se non lo conoscevate già prima, rimarrete conquistati dalla visione di un passato così lontano e al contempo così vicino!

Marco Filoso